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MY CREATIONS

Tutte le mie creazioni sono realizzate interamente a mano, in modo artigianale e senza ausilio di macchinari moderni o pezzi già finiti...

per questo motivo ogni creazione è unica nel suo stile ed ognuna di loro presenta le caratteristiche proprie tipiche degli oggetti artigianali, le quali le rendono uniche e diverse l'una dall'altra seppur molto simili.

 

Ogni oggetto è personalizzabile, per ulteriori informazioni si prega di contattarmi all'indirizzo e-mail: puntinolilla@gmail.com specificando nell'oggetto la creazione di riferimento.

 

anello wire alluminio spirale bigiotteria
I Bijoux...

Già nell’antico Egitto gli artigiani, con grande abilità, lavoravano il vetro al fine di imitare pietre preziose come i lapislazzuli e la cornelia, perché molto spesso si trovavano a dover fronteggiare una domanda di ornamenti che eccedeva la disponibilità dei materiali pregiati.

Allo stesso modo, così come ci tramanda Plinio, erudendo il lettore su come distinguere una pietra autentica da una falsa con metodi per altro ancora oggi utilizzati, l’antica Roma era diventata nota per le sue perle di imitazione che venivano appunto chiamate “Perle Romane”; le perle, infatti, erano di grandissima moda tra le donne di tutti i ceti sociali.

 

E’ ampiamente documentato che l’uso dell’ornamento  non prezioso ha le sue origini nel mondo antico, con una storia parallela a quella del gioiello prezioso.

Nel XVIII secolo sia uomini che donne seguivano la moda dettata dalle grandi corti di Francia e di Inghilterra; celebre era la stravaganza della Regina Maria Antonietta (moglie del re di Francia Luigi XVI), che lanciò la moda dei capelli raccolti in acconciature formate da capelli veri e falsi, sostenute da fili metallici, pomata ed ovatta e poi decorate con piume, fiocchi e gioielli di ogni tipo, tanto alte e voluminose da costringere le dame a tenere, a volte, il capo fuori dalla carrozza.  Un tipo di ornamento per capelli e cappelli era il pompon, formato da piume, nastri e gemme finte.

  

La pietra privilegiata dell’epoca è sicuramente il diamante, adorato per la luce gelida che è in grado di trasmettere soprattutto alla luce delle candele di cera d’api e per la capacità di esaltare la figura.

 

Allo sfarzo eccessivo degli aristocratici, corrisponde una condizione fortemente disagiata delle classi povere, accanto alle quali emerge il nuovo ceto borghese che, pur non potendo permettersi diamanti rari e costosi, non vuole rinunciare all’immagine che solamente il seguire la moda può dare.

 

Nei gioielli le pietre erano, all’epoca, molto più importanti della montatura, ed è per questo che la ricerca di un sostitutivo del diamante, in grado di donare la stessa apparenza di sfarzo, favorisce l’affermarsi del vetro al piombo, scoperta importante che portò alla rivoluzione del mercato dei gioielli: un materiale così povero consentiva un’ampia possibilità di sperimentare tagli e fogge, impossibili con le pietre preziose.

 

La Boemia, terra ricchissima di pietre preziose e semipreziose, inizia proprio in questo periodo e diventare famosa per i suoi artigiani esperti nel taglio delle gemme e del vetro. Venezia e le altre città europee importavano da questa regione grandi quantità di prodotti per le proprie creazioni.

 

Lo status del gioiello di fantasia è ancora quello di “falso” destinato alla classe emergente che non può permettersi gioielli “veri", ma anche ai ricchi che, per motivi di sicurezza, nei viaggi preferiscono indossare falsi.

 

Per accentuare la brillantezza e la profondità del colore vengono adottate diverse tecniche come ad esempio quella di ricoprire, nel retro, il vetro con sottili lamine d’oro, rame o argento.

Un altro metodo è quello del taglio a brillante (inventato nel XVII secolo da Vincenzo Peruzzi), una tecnica di taglio a cinquantotto faccette che, accompagnata alle nuove composizioni del vetro a piombo, porterà ad ottenere risultati magnifici. Figura di particolare importanza nel mondo delle pietre false fu Georges Frédéric Stras, uomo che divenne famoso e ricco grazie alla sua abilità nell’intaglio e nell’incastonatura di pietre preziose che capendo le potenzialità del vetro di piombo, portò i falsi ad essere da semplici imitazioni dei diamanti a creazioni raffinate apprezzabili di per se stesse.

La lavorazione degli strass diventa tanto importante nella Parigi di fine 1700 da riunire più di 300 maestri disegnatori e gioiellieri nella corporazione dei bijoutiers faussetiers, i “gioiellieri falsificatori”.

 

Le guerre e le rivoluzioni che scuotono l’Europa alla fine del XVIII secolo hanno delle ripercussioni anche nella moda dei gioielli, a quelli preziosi ed appariscenti, se ne sostituiscano altri, meno costosi, dalle linee neoclassiche e dal valore sentimentale, come i ciondoli contenenti ciocche di capelli della persona amata e frasi d’amore.

 

Finito il periodo repubblichino la moda è totalmente indirizzata allo stile neoclassico, le donne portano i gioielli indossandoli alle braccia, alle caviglie e sulle cosce.

Nello stesso periodo in Inghilterra sono di gran moda anche i gioielli in  acciaio sfaccettato. Sorgono molto presto numerose ditte concorrenti.

In Francia, nel 1804, con la proclamazione dell’Impero, rifioriscono tutte le attività legate agli articoli di lusso, ed è in questa fase che l’arte orafa gode di un particolare splendore, sia grazie all’opera deijoailliers che lavoravano le pietre preziose sia grazie a quella dei bjoutiers, che utilizzavano metalli non preziosi o semi preziosi.

Con Bonaparte e Giuseppina lo sfarzo torna a corte con gioielli sobri e ricchi di pietre colorate.

 

L’Ottocento è, però, anche l’epoca dei gioielli vittoriani che, dal 1861 - anno in cui il Principe Alberto marito della regina Vittoria muore di tifo - diventano gioielli da lutto, da indossarsi durante le ore del mattino. Il colore per questi gioielli è rigorosamente il nero, i materiali invece sono i più svariati, dallo smalto all’onice, dal vetro al giaietto (carbone fossile).

 

Alla fine del XIX secolo, una nuova corrente artistica si affacciava in Europa: l’Art Nouveau, linee morbide e fluide.

Predilette per gli abiti femminili erano candide perle bianche e sfavillanti gioielli in platino con diamanti che spesso venivano abbinati a pietre sintetiche.

 

Il decennio del primo grande conflitto vede la compresenza di vari movimenti spesso differenti tra loro, quali l’Art Nouveau e l’Art & Craft, il look nel dopoguerra è androgino, detto “alla maschietta”, caratterizzato da capelli corti e vestiti di foggia maschile. Chanel abbina gioielli falsi, perle simulate e vetri, con gioielli veri: il bijou entra timidamente nell’abbigliamento femminile, viene indossato ancora solo dalla donna della classe superiore, che ha possibilità maggiore di “sfidare” i canoni sociali, e dalle emergenti  dive del cinema muto.

 

Il 1929, anno del crollo della borsa di Wall Street e dell’inizio della Grande Depressione, vede la costume jewelry, per necessità correlata agli eventi economici, assumere un ruolo fondamentale nella moda.

Il gioiello “falso” inizia a prendere quella strada che lo porterà ad essere costume jewelry, un prodotto industriale che per avere successo deve rinnovarsi continuamente interpretando ed influenzando il gusto del pubblico. Si apre lo spazio culturale del bijou come oggetto di manipolazione, invece che come accumulo di materia, in cui lo stile supera la “cosa”.

 

Gli anni ’30 sono il decennio degli effetti della Grande Depressione. Sono milioni le persone senza lavoro, ma è anche il decennio delle grandi dive di Hollywood che con le loro immagini esorcizzano la fatica delle famiglie a vivere nella realtà che le circonda.

In “Via Col Vento”, per la prima volta, vengono usati gioielli falsi: si tratta di gioielli molto grandi e vistosi che in questo modo risultano visibili durante le riprese; tale pratica porterà a risparmiare molti dollari che precedentemente venivano impiegati per l’affitto di grandi gioielli veri!

 

La crisi economica fa perdere numerosi clienti ai gioiellieri, perciò molti di essi iniziano a produrre accanto alla linea di gioielli veri una linea di bijoux, falsi ma eccellenti per stile e fattura.

 

I bijoux iniziano ad essere venduti nei grandi magazzini, offrendo collezioni ricche e fantasiose che cambiano ad ogni stagione. Indossando un gioiello sfoggiato da una diva o una spilla di Natale si lanciano una serie di messaggi chiari e coinvolgenti.

 

Quella degli anni ’40 è la decade del II grande conflitto mondiale prima e della ricostruzione poi. Si diffondono gioielli patriottici che furono indossati da chi voleva augurare ai soldati buona fortuna, fatti, a causa di un decreto presidenziale che vietava l’uso di materiali utili per scopi bellici, di materiali facilmente reperibili e più disparati, come raffia, legno, resine e, per la produzione più raffinata, sterling ossia argento 925.

Sarà in questo decennio che la creatività dei disegnatori americani regalerà i bijoux più originali.

 

Il cambio della moda rende necessari nuovi modelli di bijoux, che ora non solo sono socialmente accettati ma diventano un accessorio chic.

Grazie alle migliorate condizioni economiche diventa possibile invitare amici e conoscenti a cena o per il cocktail, cogliendo così l’occasione di indossare su semplici vestiti neri, appariscenti gioielli, soprattutto anelli, detti appunto anelli da cocktail.

S’incrementa la vendita dei bijoux nei grandi magazzini a prezzi concorrenziali.

 

Tutti gli eventi rilevanti, ad esempio il primo lancio spaziale, offrono spunti ai produttori di bijoux e la plastica farà da regina in questo periodo.

Anche in Italia il bijou di fantasia inizierà a fare il suo ingresso, visto soprattutto come oggetto di lusso in correlazione con l’alta moda; sarà infatti questo il motivo, più che la maggiore autonomia sociale ed economica della donna, a far sì che i gioielli di fantasia non vengano più considerati semplici “falsi”.

 

Siamo giunti agli anni ’60 il decennio dei grandi cambiamenti; molti artisti oltre a Warhol - ad esempio Dalì -  si cimenteranno nella creazione dell’arte in forma di gioiello e l’ultimo dei grandi disegnatori di bijoux americani, Kenneth Jay Lane.

 

Nel decennio seguente, gli anni ’70 l’industria del gioiello vede un calo di produzione. Cosi come nel periodo della crisi economica degli anni ’40 I bijoux non sono visti di buon occhio ad eccezione degli orecchini molto grandi e dei pendenti con simboli naturali. I temi ricorrenti negli accessori sono principalmente tre e si sono sostanzialmente susseguiti cronologicamente: gli elementi di richiamo alla cultura indiana, soprattutto a cavallo degli anni ’60 e ‘70, i motivi floreali, presenti in tutta la moda dell’epoca, arrivatici direttamente dai movimenti hippy della flower power e le linee geometriche. I materiali utilizzati sono poveri oltre che intrinsecamente anche nell’aspetto: fili metallici intrecciati tra loro, stoffa, perline e piccoli ciondoli in materiali plastici vanno a creare lunghe collane, bracciali indossati indistintamente da uomini e donne, grandi ed appariscenti orecchini.

 

Nei primi anni ‘80 è influente lo strascico del fenomeno punk nato alla fine degli anni ’70. E’ il periodo dell’esagerazione, dei grandi gioielli vistosi, è il periodo dei colori sgargianti, come il fucsia, il giallo e il blu elettrico.

 

Gli anni ’90, a differenza del decennio precedente, sono caratterizzati da un ritorno al minimalismo per quanto riguarda i gioielli e l’abbigliamento.

I bijoux di questo periodo sono nettamente inferiori e vi è per molti versi il ritorno all’oro. Il bijou di fantasia d’epoca diventa oggetto da collezionare, tanto da diventare oggi un allettante prodotto da allocare sul mercato anche tramite il commercio elettronico nella sua forma più particolare, quello dell’asta on line: il sistema di eBay ne è l’esempio più eclatante. 

 

amigurumi toys giocattolo orso lana cuore
Gli Amigurumi...

Amigurumi (letteralmente "giocattoli lavorati all'uncinetto" o, talvolta, a maglia) è l'arte giapponese di lavorare all'uncinetto o a maglia piccoli animaletti o creature antropomorfizzate.

 

Il nome è il risultato della combinazione delle parole giapponesi "ami", che significa lavorare a maglia o all'uncinetto, e "nuigurumi", che significa peluche.

 

Gli amigurumi non hanno un uso pratico; sono creati e collezionati per ragioni estetiche.

Caratteristica estetica degli amigurumi è essere kawaii (carino, amabile).

 

Gli amigurumi sono solitamente realizzati all'uncinetto a maglia bassa con la tecnica della lavorazione in tondo, ma possono essere anche lavorati ai ferri (anche in questo caso lavorando circolarmente con il goco di ferri o la tecnica del magic loop con ferro circolare e con ampio uso di tecniche avanzate quali i ferri raccorciati).

 

Gli uncinetti o i ferri utilizzati sono leggermente più piccoli della norma, perché è necessario costruire una struttura che tenga ben stretta al suo interno l'imbottitura, solitamente formata da poliestere (fiberfill o imbottitura di cuscini), avanzi di filato in lana o bambagia; per lo stesso motivo i pupazzi sono generalmente realizzati in lana o in filato acrilico e non in cotone.

 

Sono lavorati suddivisi in parti che successivamente vengono unite, ad eccezione di quelli che non presentano arti (aventi soltanto la testa e il busto), che possono essere trattati come un unico pezzo.

 

Il Pannolenci...

Il pannolenci è una stoffa non tessuta (priva quindi di trama e ordito), ottenuta per infeltrimento delle fibre

generalmente di lana cardata di pecora o di pelo di capra mohair.

 

Si caratterizza per essere caldo, leggero e sottile. Non essendo un tessuto non tende a sfilacciarsi al taglio, non si disfa e non necessita, quindi, di orli o cuciture di finitura (sorfilo).

 

Fu inventato dalla ditta Lenci per la confezione di bambole artistiche. Le bambole, di grande pregio, erano interamente realizzate in panno: per le testine il panno era pressato in stampi sagomati, i volti dipinti, gli abitini perfettamente rifiniti, gli accessori curati nei dettagli.

Per cercare di realizzare bambolotti lavabili - che veramente tali non furono mai - il panno veniva ricoperto con una sottile mussola e, per imitare la pelle vellutata, cosparso di polvere di vellutina.

L'avvento della celluloide cambiò in modo radicale la produzione di bambole, facendo diventare obsolete quelle in panno e quelle in porcellana.

 

La ditta Lenci viene fondata a Torino nel 1919 da Enrico ed Elena Scavini.

Il nome deriva dal soprannome di Elena ("Helenchen") poi trasformato in acronimo Ludus est nobis costanter industria (il gioco è la nostra opera continua).

 

Produceva bambole e abiti in panno, oggetti e arredi in legno per bambini. Il tipico panno, che rendeva le bambole lavabili, ebbe un particolare successo perché, rispetto alle tradizionali bambole in porcellana del XIX secolo, era molto più economico e più adatto al gioco coi bambini.

 

Lo studio fu un punto di incontro di artisti e fucina di idee, aperto alle collaborazioni di artisti del tempo.

 

Dal 1932 entrarono nella gestione i fratelli Garella.

Dal 1942 al 1992 Beppe Garella sarà l'anima dell'azienda che sarà in seguito ereditata dalla figlia e poi ceduta nel 1997.

 

Oggi le ceramiche Lenci e le bambole Lenci sono oggetti da collezionismo.

Il panno "lenci", slegato dalla ditta storica, continua ad essere prodotto e commercializzato per realizzare oggetti hobbystici, decorazioni, pupazzi, vestitini, patchwork e gioielli.

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